Cavalieri e motociclette


Padri e figli. Cowboys senza Canada o Messico. Giubbi in pelle con frange e stivali borchiati. Baffo Inglese, baffo Walrus. Padri che insegnano ai figli cosa significa esser “uomo”? Cactus di plastica e Madonna. Wurstel e birra ovunque. Ancora semplici padri che scattano foto a semplici figli che montano complicatissimi mostri metallici dipinti di teschi e fiori con colori fluo. Sabbia e paglia. C’è posto anche per i disabili motociclisti.
Approdato al 16 18 Bike Expo Show, tenuto alla Fiera di Padova come dopo un lungo viaggio per mare, con nausea e mal di testa, ho creduto inizialmente di assistere ad un tetro balletto di cliché vecchi almeno di cent’anni. Le ragazze dai capelli lunghi e dalle gonne corte che accarezzavano la carrozzeria di queste moto avrebbero potuto suggerirmi pensieri sulla “differenza”, sul femminismo, sui diritti delle donne. Così non è stato. Tuttavia. Non credo di esser diventato indifferente all’argomento, né tanto meno una creatura insensibile di fronte alla schiavitù. 
Ma se di schiavitù non si trattasse?


Dai cavalli alle motociclette, è cambiato solo un mezzo o anche il fine, il telos, di quel mezzo?
Questa fiera mi ha mostrato per la prima volta la manifestazione di una minoranza che ho sempre creduto maggioranza, di un’impotenza che ho sempre creduto potenza, di uno stereotipo che ho sempre chiamato ingiustamente “virilità”. 
Oggi ho visto, come non mai prima d’ora, se non qualche volta in pellicola, uomini d’altri tempi essere di nuovo felici. Sorrisi sinceri sotto quei baffi. Lezioni di vita tra le parole di un padre che spiega al figlio forcelle e freni. 
Che consolazione deve esser stata per questi pochi pater familias rimasti sulla terra la visione di femmine generose di seni, cosce e sorrisi? 
Essere padroni di una motocicletta e, al contrario della 'propria' donna, ritrovarsi ancora capaci di domarla, non può essere un sentire da poco per degli uomini dimezzati! Ho pensato a quanto lungo possa esser stato il viaggio che questi signori devono aver compiuto e quanto lontane possano essere state le terre che devono aver calpestato prima di trovarsi di nuovo a casa. 
Perché si son messi in pellegrinaggio? Come hanno fatto a sopravvivere a difficoltà di ogni tipo e a giungere eroicamente fino a questi capannoni? 
Li ha spinti quello che spinge ogni eroe prima di mettersi per mare fin dai tempi di Ulisse. Non si spiega con le leggi della meccanica, con un argomentare scientifico moderno perché è un movimento virtuoso, etico. Si chiama ritorno al proprio oikos. 


Tuttavia la patria, nel caso di questi eroi contemporanei non è più lontana e perduta come lo era per gli eroi classici bensì dissolta, disintegrata. Come anche l’esercizio del governare intrinseco al loro ruolo di uomini, inteso grecamente come Kybernam, come il “governare una nave”, è proprio l’opposto del potere che questi mezzi-uomini contemporanei si ritrovano per le mani ora; questi eroi dalle armature di pelle sono castrati dal diritto moderno che li equipara alle donne, dalla famiglia borghese in piena crisi, dall’esercizio di un potere che nasce per renderli via via sempre più impotenti. Dove è finita la loro virtù di cui sono eredi? Dove si può esercitare se nella società non c’è più posto per loro? 
In questi tre giorni la Fiera di Padova, oltre al mercato delle motociclette e agli stand dei caschi e delle tute in pelle, è una casa.
“Donne & motori, gioie & dolori”, mi ha insegnato mio padre... o mio nonno, non ricordo. 


Matteo Gemolo

Commenti

Post popolari in questo blog